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Cara Italia,
pochi giorni fa hai computo 150 anni. Una bella età non c’è che dire, e te la porti bene. Ora sei grande e sarebbe ora che iniziassi a prenderti un po’ di responsabilità:
Suscita nei tuoi politici il coraggio necessario per lavorare perseguendo il bene del paese e non il loro tornaconto personale. Se il nucleare è indispensabile per liberarti dalla sudditanza energetica dall’estero è giusto perseguirlo. E’ impopolare? Farà perdere le elezioni? Ma che importa, l’importante è che tenga acceso il motore industriale che è fondamentale per la tua vita, che da’ lavoro ai tuoi figli e che deve continuare a crescere per tenerti viva e forte.
Esortali affinché difendano le tue industrie dall’aggressione di quei partner europei che non hanno ancora capito che l’era del colonialismo è finita con la seconda guerra mondiale. Quegli stessi partner che ti hanno trascinato in una guerra per conquistare il loro petrolio. Altro che liberare la popolazione civile, cara Italia; stai sollevando il tuo braccio per schiacciare la libertà di un paese per riportare i colonizzatori in un paese che perderà il possesso delle tue risorse. Quegli stessi colonizzatori che nascondono un’aggressione dietro una delibera dell’ONU: erano già pronti, avevano già fatto alzare i caccia prima ancora che la decisione fosse presa. Avvicina i fatti, rendi i tuoi figli meno miopi, permetti a tutti di capire quanto è sbagliata questa guerra.
Scuoti cara Italia quei tuoi figli che si nascondono dietro un’ideologia per proteggere privilegi insostenibili che frenano la crescita e scoraggiano gli investimenti sul tuo territorio. Spiega loro come il paese abbia bisogno di aziende per garantire a tutti il diritto costituzionale al lavoro. Permettigli di accorgersi che la regola dei “NO, senza se e senza ma” distrugge e non crea, soffoca e spegne.
Non permettere più, cara Italia, che i tuoi figli innocenti siano accusati per anni prima che la loro innocenza sia provata. Che i giornali e la televisione, tanto importanti per garantire la libera circolazione delle idee, infanghino chi per il tuo ordinamento giuridico è a tutti gli effetti “innocente, fino a prova contraria".
L’elenco è lungo purtroppo, troppo lungo per un paese che vuole garantire la libertà dei suoi cittadini.
E soprattutto vivi Italia, continua a meravigliare il mondo con le tue bellezze. Illumina il viso dei vecchi e dei nuovi italiani, anche se sono un po’ abbronzati o con gli occhi a mandorla, permetti loro di continuare a lavorare ad amare a sognare come hanno fatto per un secolo e mezzo. Quel secolo e mezzo che ti ha reso grande, unica, inimitabile.
Buon compleanno Italia!!!
Ciao,
è passato un bel po’ di tempo dall’ultimo post e di acqua ne è passata sotto i ponti (non si tratta solo di una metafora visto il tempo):
Ad esempio ho corso un’altra mezza maratona (Cremona) migliorando il mio PB (che ho scoperto voler dire Personal Best) e mi accingo a correrne un’altra (Il basso garda).
Ho deciso di cavar fuori la mia penna digitale in questa grigia giornata di pioggia soltanto per condividere con voi l’emozione di una poesia:
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
G. D’annunzio, La pioggia nel pineto